Piani emergenza

Piani emergenza

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Il Ministero dell’Interno ha diffuso una lettera circolare con la quale ha fornito gli indirizzi applicativi per risolvere la situazione critica di stabilimenti industriali esistenti che devono presentare l’aggiornamento del rapporto di sicurezza ai sensi dell’art. 8 del Decreto Legislativo 334/1999.
Quest’ultimo detta le disposizioni finalizzate a prevenire gli incidenti rilevanti connesse a determinate sostanze pericolose e a limitarne le conseguenze per l’uomo e l’ambiente.
Si tratta quindi di un tema particolarmente importante alla luce anche degli indirizzi europei che hanno spinto per la predisposizione di piani di emergenza esterni che tengano sotto controllo gli incidenti di questo genere.
Nella circolare viene fatto un puntuale richiamo al necessario coinvolgimento di tutti i soggetti individuati dal decreto e viene richiesta sollecitudine nell’invio dei rapporti di sicurezza per consentire l’aggiornamento triennale del piano di emergenza esterno da parte dei Prefetti.
In caso di complessità dell’attività, si legge nel testo, si raccomanda "il controllo della loro ottemperanza nei tempi stabiliti dal CTR e la verifica del recepimento delle stesse in occasione della presentazione, da parte del gestore, dei rapporti di sicurezza aggiornati”.
Nelle more dell’individuazione delle aree ad alta concentrazione di stabilimenti oppure in casi di complessi industriali multi-societari, occorre la verifica della presentazione, ad opera dei gestori della sicurezza, dietro valutazione del CTR dei singoli rapporti, richiamando la responsabilità di questi nell’aggiornamento corretto delle informazioni ivi riportate, evitando le firme congiunte dei gestori di attività che abbiano cambiato la ragione sociale.
Un riferimento, infine, alle aree industriali presenti in ambiti portuali industriali, petroliferi e commerciali ove, fino all’entrata in vigore del regolamento previsto dal comma 3 dell’art. 4 del D.Lgs. 334/99 deve essere applicato il Decreto Ministeriale 293/2001 che prevede la redazione di un “Rapporto Integrato di Sicurezza portuale” e di un “Piano di emergenza esterno dell’area portuale".

Commenti

Anonimo ha detto…
IL PIANO DI EMERGENZA (PE) LEGATO AI RISCHI PROPRI DELL'ATTIVITÀ



Le situazioni critiche, che possono dar luogo a situazioni di emergenza, possono essere grossolanamente suddivise in:



· eventi legati ai rischi propri dell'attività (incendi e esplosioni, rilasci tossici e/o radioattivi, ecc.);

· eventi legati a cause esterne (allagamenti, terremoti, condizioni meteorologiche estreme, ecc.).



Una particolareggiata e approfondita valutazione dei rischi (1) di una attività lavorativa permette di rilevare l'eventuale possibilità di avere incidenti anche particolarmente gravi e a bassa probabilità di accadimento, non evitabili con interventi di prevenzione e per i quali è necessario predisporre misure straordinarie da attuare in caso di reale accadimento. L'insieme delle misure straordinarie, o procedure e azioni, da attuare al fine di fronteggiare e ridurre i danni derivanti da eventi pericolosi per la salute dei lavoratori (e della eventuale popolazione circostante) viene definito piano di emergenza.

Obiettivi principali e prioritari, di un piano di emergenza aziendale, sono pertanto quelli di:



· ridurre i pericoli alle persone;

· prestare soccorso alle persone colpite;

· circoscrivere e contenere l'evento (in modo da non coinvolgere impianti e/o strutture che a loro volta potrebbero, se interessati, diventare ulteriore fonte di pericolo) per limitare i danni e permettere la ripresa dell'attività produttiva al più presto.



Il piano di emergenza deve essere sicuramente predisposto per quelle attività, che comportando il rischio specifico di incendio (2), esplosione, rilascio tossico e/o radioattivo, sono soggette ad una o più normative tecniche o legislative specifiche illustrate in tabella 1.

In tutte le restanti attività, salvo diversa determinazione, come previsto dal D.Lgs 626/94, non si ritiene necessaria la stesura di un vero e proprio piano di emergenza, bensì può essere sufficiente la predisposizione di procedure formalizzate che prevedano:



· una adeguata informazione e formazione dei lavoratori per quanto riguarda l'utilizzo degli equipaggiamenti di emergenza (estintori, autorespiratori, ecc.) determinati ed introdotti in base alla valutazione dei rischi;

· una corretta gestione dei luoghi di lavoro (non ostruzione delle vie di esodo, rimozione, occultamento o manomissione degli equipaggiamenti di emergenza, ecc.)

· una corretta e tempestiva manutenzione degli impianti.
Anonimo ha detto…
Il D.Lgs 626/94, sul miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro, affronta fra i suoi argomenti il tema dell'emergenza. In particolare nel Titolo I capo 3° si formulano indicazioni a carico dei datori di lavoro relative alle misure da attuare in caso di prevenzione degli incendi, evacuazione dei lavoratori e pronto soccorso, che possono concretizzarsi in una vera e propria gestione dell'emergenza.

Le prime indicazioni legislative in merito ad una possibile gestione e organizzazione dell'emergenza si riscontrano nel DM 31/07/34 sull'impiego e sulla manipolazione degli oli minerali. Successivamente, nell'art. 48 del DPR 185/64 sull'uso pacifico dell'energia nucleare, l'argomento si andava configurando in termini più netti e dettagliati nell'obbligo della pianificazione delle "situazioni eccezionali". In seguito, nel DPR 175/88, all'art. 5, si dispone l'obbligo di predisposizione dei "piani di emergenza" così denominati dal legislatore e la cui responsabilità è attribuita ai gestori di impianti o attività a rischio di incidente rilevante.

Questo breve quadro storico-normativo dimostra che il concetto di piano di emergenza ha subito una evoluzione, allargandone il campo di applicazione, non più limitato ad attività specifiche (oli minerali, energia nucleare, aziende a rischio di incidente rilevante), e precisando i compiti del datore di lavoro. Tale evoluzione comporta una più concreta definizione laddove vengono individuati e delineati gli elementi strutturali di un piano di emergenza: pronto intervento, organizzazione del salvataggio, organizzazione del pronto soccorso, informazioni sui comportamenti da adottare in caso di pericolo, rapporti con le autorità competenti. In particolare l'andamento e l'evoluzione di una situazione di emergenza sono fatti dipendere dal livello organizzativo interno dell'azienda (risorse umane predisposte e disponibili, sistemi impiantistici idonei, ecc.) e dalla capacità di contenere i danni (formazione professionale dei lavoratori).

Il D.Lgs 626/94 richiede, in sostanza, al sistema aziendale che l'organizzazione interna, per affrontare l'eventuale stato di emergenza, sia uno strumento operativo facente parte a tutti gli effetti dell'insieme dei provvedimenti di sicurezza da attuare.
Anonimo ha detto…
Criteri generali per la predisposizione di un piano di emergenza



La predisposizione di un PE consiste inizialmente nello studio analitico del maggior numero possibile di deviazioni incidentali, valutando l'andamento delle reali conseguenze (quali ad esempio: propagazioni di fronti concentrati o distribuiti di energia, emissione di sostanze pericolose, ecc.). Successivamente, è possibile procedere alla progettazione dei PE tenendo conto che ogni procedura e/o fase di intervento individuata deve rispettare i seguenti criteri generali.



Precisione: la progettazione non può essere assolutamente generica ma deve definire in modo dettagliato i compiti, i ruoli, le responsabilità e la sequenza delle azioni.



Chiarezza e concisione: la procedura deve essere comprensibile a tutte le persone chiamate alla sua gestione, e concisa nelle informazioni che fornisce.



Flessibilità: cioè adattabile, in caso di incidente, ad eventuali discostamenti dalle situazioni previste. E' bene ricordare che è ampia la possibilità di avere discostamenti rispetto alle situazioni previste; questi, oltre a non essere facilmente o sempre individuabili, possono essere anche legati a fattori esterni (come ad esempio le condizioni meteorologiche o di viabilità).



Revisione e aggiornamento: una procedura correttamente messa a punto non si presenta mai come uno strumento statico, deve invece offrire la possibilità di essere facilmente adattata alle modifiche che accompagnano la vita di una attività. Ovviamente, in caso di modifiche sostanziali o totali, ad esempio, di un impianto, la procedura specifica va riprogettata e resa compatibile con il piano di emergenza globale preesistente.



Concreta definizione degli strumenti per la gestione dell'emergenza: le procedure devono fare riferimento in modo puntuale alle effettive potenzialità di intervento (ad esempio è inutile parlare di allertamento della squadra di emergenza o della pubblica Autorità, quando non si dispone di mezzi di comunicazione sicuramente fruibili come spesso succede in una attività con linee telefoniche sempre impegnate).
Anonimo ha detto…
Check list per la predisposizione di un piano di emergenza (PE)

Di seguito si illustra una serie di argomenti, che non hanno la pretesa di essere esaustivi, che devono essere presi in esame per mettere a punto le procedure e gli strumenti destinati alla risoluzione dell'emergenza:



Documentazione: un PE comporta, in fase preliminare, l'acquisizione di informazioni necessarie alla sua predisposizione ed alla sua successiva gestione. In particolare la documentazione deve contenere:



· informazioni sul sito e sull'ambiente, intesi come vicinanza di insediamenti civili e industriali, corsi fluviali e grandi vie di comunicazione, orografia della zona, ecc.;

· indicazioni su tutte le vie di accesso interne ed esterne all'azienda con dettaglio sulla viabilità, larghezza, ecc.;

· indicazioni sui cicli produttivi (materie prime e ausiliarie, prodotti intermedi, prodotti finiti, ecc.);

· indicazioni sul lay-out dell'attività con la segnalazione delle zone o aree nelle quali è stata individuata la possibilità di eventi incidentali (incendi, esplosioni, rilasci, ecc.);

· indicazioni sui sistemi di protezione attiva (mezzi di estinzione incendi, sistemi di abbattimento e/o inertizzazione, ecc.) o passiva (compartimentazione, sistemi di rilevazione, percorsi di esodo protetti, ecc.);

· informazioni su eventi analoghi avvenuti in precedenza e relativi interventi di contenimento attuati (case history);

· organigrammi generali e particolari di reparto. La conoscenza dettagliata della composizione dei reparti e delle competenze professionali presenti in azienda permette di individuare le diverse figure che dovranno gestire il piano di emergenza sia in fase preventiva (addestramento e formazione, verifica della funzionalità dei sistemi di protezione) sia in fase di intervento.
Anonimo ha detto…
un PE deve sempre prevedere la responsabilità, della sua gestione globale, affidata ad un unico soggetto (inteso come persona fisica presente in azienda: pertanto ne deve essere prevista più di una se la lavorazione si svolge su turni e nei casi di assenza). Questo permette di evitare la sovrapposizione di compiti nel corso dei processi decisionali. Inoltre devono essere sempre individuati (in maniera precisa) i responsabili locali, per ogni turno di lavoro (in modo tale da assicurarne l'immediata disponibilità) e la gerarchia dei livelli decisionali non necessariamente coincidente con l'organigramma aziendale. Queste persone, destinate a intervenire in caso di emergenza, devono essere qualificate (per esperienza o formazione professionale mirata) e idonee a condurre le necessarie azioni richieste. La loro designazione deve avvenire previo mandato scritto e controfirmato per accettazione.
Anonimo ha detto…
Classificazione degli incidenti secondo la gravità



Incidenti minori


Possono essere facilmente controllati dal solo personale operativo o di sicurezza dell'unità (o impianto).

(non richiede la mobilitazione di forze esterne)

Incidenti di categoria 1


Come per la categoria precedente, ma con massiccio impiego delle risorse interne dell'azienda (è consigliabile mettere in preallarme le forze esterne per il caso di escalation dell'incidente).

Incidenti di categoria 2


Possono essere controllati con l'ausilio di forze esterne limitate.

Incidenti di categoria 3


Se controllabili, possono esserlo solo attraverso l'impiego di massicce risorse (è necessaria la mobilitazione di tutte le forze disponibili, anche su vasta scala territoriale).
Anonimo ha detto…
Equipaggiamento di emergenza: sulla base della classificazione delle emergenze devono essere individuati e predisposti i relativi equipaggiamenti. Questi sono generalmente costituiti dai mezzi personali di protezione, dai mezzi di salvataggio, dalle attrezzature necessarie per fronteggiare l'emergenza e dalla specifica segnaletica (ad esempio per la restrizione degli accessi e per l'ulteriore segnalazione delle vie di fuga) e dei quali devono essere dotate le squadre di intervento.

Gli equipaggiamenti devono essere collocati in luoghi prefissati (aree operative); in particolare è opportuno che la specifica dotazione delle squadre sia posta in luoghi protetti e in prossimità delle zone in cui potrebbero verificarsi gli eventi ipotizzati. Una scorta di equipaggiamenti, valutata sulla base di possibili esigenze legate all'evoluzione dell'incidente, deve essere sempre collocata in luogo protetto (cioè situato a distanza di sicurezza interna rispetto alle possibili zone pericolose) e facilmente accessibile. E' opportuno sottolineare che, in alcune situazioni (es. rilasci tossici), è necessario mettere a disposizione dei lavoratori, non impegnati nelle squadre di intervento, i mezzi di protezione personale per potersi allontanare dal luogo pericoloso. Tutte le informazioni sulla collocazione degli equipaggiamenti devono essere riportate su planimetrie opportunamente dislocate all'interno dei locali.

L'equipaggiamento di emergenza deve essere periodicamente verificato per accertarne lo stato di conservazione e l'efficienza: le verifiche devono essere annotate su un apposito registro, con data e firma della persona incaricata del compito. In occasione delle esercitazioni o prove di simulazione, le squadre di intervento e le altre persone coinvolte devono fare uso di quanto predisposto (DPI, attrezzature, ecc.).
Anonimo ha detto…
Squadre di intervento: sono costituite da personale interno, espressamente individuato per effettuare anche questo tipo di lavoro, immediatamente disponibile all'occorrenza. La pronta disponibilità va intesa come presenza fisica sempre assicurata sia dal punto di vista della composizione prevista per la squadra, che per qualificazione professionale dei componenti, anche in caso di lavoro a turni o assenze; il numero delle squadre e la loro composizione vanno stabiliti in funzione dei rischi e della dimensione dell'attività.

Particolare attenzione va posta alla qualificazione professionale degli operatori che compongono la squadra, in quanto deve essere direttamente correlata al compito da svolgere (3). Questo non si esaurisce nel solo intervento tecnico (salvataggio, lotta antincendio, attivazione dispositivi di sicurezza, bonifica, ecc.) ma deve prevedere, nei casi in cui si possono generare situazioni di panico, la capacità di supporto psicologico-rassicurativo nei confronti delle persone coinvolte.

Infine, mediante esercitazioni e simulazioni, che favoriscano la coesione e l'unitarietà della squadra, vanno periodicamente controllate la capacità e la tempestività di intervento.
Anonimo ha detto…
Aree operative e centro di controllo: all'interno di un PE devono sempre essere individuati in modo puntuale i luoghi, aree operative e centro di controllo, da cui dirigere e sovraintendere le operazioni di emergenza. Alle aree operative, collocate in luoghi sicuri e in prossimità delle zone in cui potrebbero verificarsi gli incidenti, afferiscono generalmente le squadre di intervento, i responsabili locali e il responsabile di PE per l'effettuazione del primo intervento e di una prima e immediata stima sull'evoluzione dell'accaduto.

Il centro di controllo viene invece utilizzato e attivato quando l'incidente assume proporzioni tali da richiedere più squadre ed una loro gestione coordinata: esso rappresenta, nella gestione dell'emergenza, sicuramente l'elemento più delicato e vulnerabile in quanto è il luogo univoco di riferimento dal quale e con il quale deve essere sempre possibile comunicare, sia dall'esterno che dall'interno, in modo da disporre in tempo reale di tutte quelle informazioni e direttive utili alla conduzione dell'emergenza stessa. Al centro di controllo afferisce il responsabile di PE che coordina tutte le successive operazioni predisponendo, se necessario, la richiesta di soccorso esterno, l'evacuazione del personale e l'attivazione del pronto soccorso. Ovviamente a seconda delle dimensioni e delle tipologie aziendali o delle tipologie di eventi ipotizzati le aree operative possono coincidere con il centro di controllo.

All'interno del centro di controllo deve essere sempre disponibile (e aggiornata) la documentazione inerente la gestione dell'emergenza (planimetrie, schede di sicurezza dei prodotti, collocazione degli equipaggiamenti e delle attrezzature supplementari, ecc.).
Anonimo ha detto…
Attivazione della pubblica Autorità. Il coinvolgimento della pubblica Autorità (Prefettura, Vigili del fuoco, ecc.) è una decisione che va ponderata accuratamente e deve essere presa quando non si è in grado di valutare l'entità dell'evento oppure ci si rende conto che è impossibile arrestare l'emergenza con le procedure previste o questa può travalicare i confini dello stabilimento. Pertanto ogni qualvolta un evento pericoloso assume proporzioni non limitabili e comunque non immediatamente circoscrivibili con i mezzi disponibili all'interno dell'azienda vanno attivate, per gradi, le risorse esterne predisposte dalla pubblica Autorità.

Nel richiedere l'aiuto esterno vanno fornite, anche in tempi successivi, il maggior numero di informazioni possibili e utili a migliorare l'intervento stesso quali ad esempio:



· stato dell'emergenza (allarme, preallarme)

· ubicazione dell'evento

· dimensioni dell'evento

· tipo e quantità delle sostanze coinvolte

· equipaggiamenti di emergenza presenti in azienda

· condizioni climatiche (ad esempio in caso di rilascio di sostanze pericolose)

· previsioni sulle possibili conseguenze esterne

· dati identificativi di chi trasmette.



E' anche necessario che vengano individuate una o più persone che sul posto siano in grado di fornire informazioni più dettagliate sull'evento ai responsabili della pubblica Autorità intervenuti sul luogo.

Le procedure di richiesta di intervento della pubblica Autorità, all'interno di un PE, devono includere in modo preciso i diversi enti da coinvolgere (a seconda del tipo di incidente), le modalità di richiesta, i soggetti incaricati di effettuare la richiesta, ed infine i vari livelli di attivazione (Vigili del fuoco, Azienda Usl, Sindaco, Prefettura, Regione, ecc.).
Anonimo ha detto…
Evacuazione: ferma restando la predisposizione di vie ed uscite di emergenza di cui all'art. 33, comma 1, del D.Lgs 626/94, il PE deve individuare tutti i percorsi, preferenziali ed alternativi, che da ciascun posto di lavoro devono essere seguiti per raggiungere i luoghi sicuri (2).

In situazioni con elevato affollamento di persone, ed in particolare in presenza di pubblico, può essere necessario predisporre nuclei di operatori esclusivamente addetti all'evacuazione, cioè capaci di indirizzare e convogliare verso le vie di fuga, prestabilite dal PE, i flussi di persone; loro compito specifico è anche quello di verificare che l'evacuazione sia completa e avvenga in modo ordinato verso luoghi sicuri o centri di raccolta.

I centri di raccolta sono zone in cui devono confluire inizialmente le persone per poi essere allontanate definitivamente ed in modo ordinato per evitare intralcio agli eventuali mezzi di soccorso. Nei luoghi di lavoro non aperti al pubblico il centro di raccolta deve essere utilizzato anche per censire le persone evacuate.

Qualora l'evacuazione sia predisposta esclusivamente verso i centri di raccolta sarà necessario prevedere un appropriato numero di sistemi o mezzi di trasporto per effettuare l'ulteriore allontanamento delle persone. Dai centri di raccolta deve essere possibile comunicare con il centro di controllo dell'emergenza.

I luoghi sicuri e le vie di emergenza devono essere riportati sulle planimetrie citate per gli equipaggiamenti; in situazioni particolarmente complesse può essere necessario predisporre planimetrie separate.
Anonimo ha detto…
Segnalazioni e comunicazioni: un problema da non sottovalutare nella predisposizione di strumenti, presidi o sistemi per la gestione delle emergenze è la funzione che hanno le segnalazioni e le comunicazioni e la loro reale fruibilità. Non è improbabile, infatti, che parte della disorganizzazione o dei ritardi nella gestione dell'emergenza sia dovuta alla confusione che si genera nei normali canali di trasmissione interni ed esterni.

E' necessario quindi prevedere con estrema precisione i possibili sistemi di allarme (1), distinti dai normali segnali ottici e/o acustici, e le procedure da seguire per la loro attivazione, nonché i possibili sistemi di comunicazione fra le singole aree operative ed il centro di controllo (es. ricetrasmittenti portatili).

Può essere inoltre opportuno prevedere la possibilità di intervento nelle comunicazioni attivando o linee riservate destinate esclusivamente a questo scopo, o deviando le linee di emergenza su canali di trasmissione privilegiati.
Anonimo ha detto…
Pronto soccorso: un'azione di pronto soccorso può essere fine a se stessa (sostanzialmente quando l'infortunio è l'unica conseguenza di un evento accidentale o di un'errata procedura) o costituire una delle azioni da attivare nell'ambito di un piano di emergenza. In ogni caso la predisposizione di un servizio di pronto soccorso, o di un nucleo di soccorritori, presenta alcuni elementi di complessità per cui se ne ritiene opportuna una trattazione separata, a cui si rimanda.

Il nucleo di soccorritori, pur dipendendo in modo funzionale dal proprio responsabile locale, deve disporre di una propria autonomia operativa in modo da assicurare sempre un primo intervento immediato alle persone colpite. I soccorritori, una volta effettuata una prima valutazione della situazione sanitaria, devono prestare i primi soccorsi alle persone colpite e attivare il servizio di pronto soccorso interno, se esistente, o direttamente le strutture esterne.
Anonimo ha detto…
Piano di emergenza di stabilimento



Il piano di emergenza di stabilimento viene predisposto quando l'azienda presenta più unità a rischio di eventi incidentali, o quando unità di per sé non a rischio possono essere interessate da incidenti verificatisi in altre unità.

Esso è costituito dai PE delle varie unità (o impianti) e dalle necessarie correlazioni tra gli stessi; deve inoltre individuare con precisione:



· responsabile di PE di stabilimento e i suoi sostituti,

· collocazione del centro di controllo,

· modalità di comunicazione tra centro di controllo, centri di raccolta e aree operative,

· modalità di comunicazione tra centro di controllo e l'esterno dello stabilimento,

· modalità di attivazione della pubblica Autorità, sia da parte dei responsabili locali che da parte del responsabile di PE di stabilimento
Anonimo ha detto…
Piano di emergenza di unità o di impianto



Il piano di emergenza di unità (o di impianto) è quella parte di PE complessivo che riguarda espressamente la singola unità o impianto. Prende in considerazione tutti gli eventi incidentali che possono verificarsi nell'unità o nell'impianto e deve individuare chiaramente:



· responsabili locali per ciascun turno;

· area/e operativa/e dove devono recarsi il responsabile di PE di stabilimento, il responsabile locale, le squadre di intervento, i soccorritori ed il nucleo degli addetti all'evacuazione. In caso di incidente il responsabile di PE di stabilimento, effettuata una immediata valutazione dell'entità e dei possibili sviluppi quali-quantitativi dell'evento, deciderà se attivare o meno i piani di emergenza di altre unità o dell'intera attività (piano di emergenza di stabilimento) o che interessano anche l'esterno (piano di emergenza esterno);

· composizione delle squadre di intervento;

· composizione del nucleo di soccorritori;

· composizione dell'eventuale nucleo di evacuatori;

· collocazione dell'equipaggiamento di emergenza e specificazione dei mezzi da utilizzare in base al tipo di evento incidentale;

· collocazione dell'equipaggiamento di emergenza di scorta;

· ubicazione dei DPI a disposizione del personale da evacuare;

· sistemi di allarme per allertare le squadre di intervento, i soccorritori e gli addetti all'evacuazione, nonché le procedure per la loro attivazione;

· sistemi di comunicazione tra aree operative, centri di raccolta e centro di controllo;

· vie di esodo, centri di raccolta ed eventuali mezzi per l'ulteriore allontanamento delle persone, nonché le zone ad accesso limitato o interdetto.



Il piano di emergenza di unità viene predisposto esclusivamente per l'unità che presenta potenzialmente il rischio di eventi incidentali; si identifica con il piano di stabilimento quando quest'ultimo coincide con l'unità stessa.

Nel caso di incidenti minori o emergenze facilmente circoscrivibili può risultare sufficiente e risolutivo.
Anonimo ha detto…
GRADO DI COMPLESSITÀ DEI PE



A seconda delle caratteristiche dell’attività (intese come dimensione, numero di addetti o persone presenti, tipo di impianti, collocazione urbanistica) possono essere individuati diversi livelli di PE (Figura 1) ciascuno dei quali, pur rispettando i criteri e le procedure generali, ha un diverso grado di approfondimento e di complessità in una possibile scala di gravità; questi possono essere sintetizzati in:



· piano di emergenza di unità o di impianto;

· piano di emergenza di stabilimento;

· piano di emergenza esterno o generale.
Anonimo ha detto…
Verifica: un PE, prima di essere definitivamente adottato, deve essere sottoposto ad una sorta di "analisi di congruità" che ne accerti l'effettiva capacità di applicazione in tutte le situazioni esaminate. In particolare occorre valutare e verificare:



· la risposta dei PE in merito all'eliminazione o minimizzazione delle conseguenze;

· la capacità/tempestività decisionale ed applicativa delle procedure espressa dai responsabili di PE;

· l'efficienza e l'affidabilità degli equipaggiamenti predisposti;

· l'adeguatezza delle vie di esodo e delle eventuali aree di sicurezza (o centri di raccolta);

· l'affiatamento, la capacità tecnica e la tempestività delle squadre di intervento;

· il grado di conoscenza delle procedure da parte di tutti i lavoratori presenti in azienda.



Queste verifiche, devono essere effettuate con simulazioni ed esercitazioni; è opportuno che siano coerenti con gli eventi ipotizzati e con la dimensione dell'attività, non devono cioè essere limitate solo ai singoli impianti, ma prevedere anche situazioni più ampie, come il coinvolgimento dell'intero stabilimento o della pubblica Autorità; devono ovviamente essere affrontate in tutte le condizioni possibili (dì, notte, giorni festivi, condizioni di maltempo, ecc.) ove richiesto dalla tipologia e dalle caratteristiche dell'attività.

I risultati delle simulazioni, esercitazioni o prove possono fornire, infine, utili indicazioni sia in merito a modifiche, integrazioni, predisposizioni di procedure alternative sia alla reale risposta dei sistemi o presidi di emergenza predisposti.

Tutti gli argomenti finora illustrati vanno infine a costituire un unico elaborato che rappresenta il piano di emergenza.

Il piano di emergenza non deve essere considerato un documento riservato alla sola direzione aziendale ma deve essere reso noto ai lavoratori, almeno per le parti in cui gli stessi possono essere direttamente coinvolti. In particolare è opportuno che copie del piano siano sempre a disposizione di tutti i lavoratori chiamati a svolgere un ruolo attivo all'interno della gestione dell'emergenza; una sua adeguata e capillare diffusione, ed eventuale discussione all'interno di una azienda, permette tra l'altro di sviluppare un ruolo altamente collaborativo da parte di tutto il personale nonché di avere informazioni supplementari sulla sua reale applicabilità.
Anonimo ha detto…
Piano di emergenza esterno



Il piano di emergenza esterno è quel piano che viene messo a punto dalla pubblica Autorità per tutelare l'incolumità della popolazione e la salvaguardia dell'ambiente.

La sua applicazione (in caso di eventi legati ai rischi propri dell'attività) viene richiesta, dal responsabile di PE di stabilimento o dalla pubblica Autorità (VVF, AUSL, ecc.) intervenuta in fase di emergenza, quando l'evento evolve o può evolvere verso situazioni gravi che interessano aree esterne allo stabilimento.

Il piano di emergenza esterno può essere preparato espressamente per ogni stabilimento che sia potenziale sorgente di pericolo, oppure avere carattere più generale e onnivalente per tutte le necessità comuni alle varie emergenze (es.: gestione dell'ordine pubblico, regolamentazione del traffico, utilizzo degli ospedali, ecc.).



A conclusione di quanto detto, nella Figura 2, si illustra il quadro complessivo e riassuntivo dei diversi piani di emergenza (unità, stabilimento, esterno) mettendone in evidenza, per quanto possibile, le connessioni fra loro ed i relativi soggetti coinvolti; come si può notare vi è una stretta interdipendenza logica, fra i vari tipi di piano, derivante dalla possibilità di espandere il piano di emergenza oltre i confini della singola unità, fino a coinvolgere l'intero stabilimento o, se è il caso, fino all'esterno.
Anonimo ha detto…
Piano di emergenza di stabilimento



Il piano di emergenza di stabilimento viene predisposto quando l'azienda presenta più unità a rischio di eventi incidentali, o quando unità di per sé non a rischio possono essere interessate da incidenti verificatisi in altre unità.

Esso è costituito dai PE delle varie unità (o impianti) e dalle necessarie correlazioni tra gli stessi; deve inoltre individuare con precisione:



· responsabile di PE di stabilimento e i suoi sostituti,

· collocazione del centro di controllo,

· modalità di comunicazione tra centro di controllo, centri di raccolta e aree operative,

· modalità di comunicazione tra centro di controllo e l'esterno dello stabilimento,

· modalità di attivazione della pubblica Autorità, sia da parte dei responsabili locali che da parte del responsabile di PE di stabilimento
Anonimo ha detto…
Contenuto del pacchetto di medicazione



· guanti monouso in vinile o in lattice

· confezione di acqua ossigenata F.U. 10 volumi

· confezione di clorossidante elettrolitico al 5%

· compresse di garza sterile 10x10 in buste singole

· compresse di garza sterile 18x40 in buste singole

· pinzette sterili monouso

· confezione di cerotti pronti all'uso (di varie misure)

· rotolo di benda orlata alta cm 10

· rotolo di cerotto alto cm 2,5

· paio di forbici

· lacci emostatici

· confezione di ghiaccio "pronto uso"

· sacchetti monouso per la raccolta di rifiuti sanitari

· termometro.
Anonimo ha detto…
ATTREZZATURE DI PRONTO SOCCORSO



La disponibilità in azienda di attrezzature di pronto soccorso è già normata, nel nostro Paese, dal DPR 303/56 che, a seconda delle caratteristiche (numerosità degli occupati, ubicazione, natura dei rischi presenti) delle aziende, impone ad esse l'obbligo di disporre del pacchetto di medicazione, della cassetta di pronto soccorso o della camera di medicazione, il cui contenuto viene stabilito dal DM 02/07/58. L'art. 6 dello stesso DM prevede tuttavia la possibilità di integrazioni e modificazioni di tale contenuto ad opera degli organi di vigilanza, e a questo proposito i Servizi di prevenzione e vigilanza delle Aziende Usl della provincia di Bologna hanno recentemente proposto un elenco aggiornato dei presidi sanitari da inserire nel pacchetto di medicazione e nella cassetta di pronto soccorso, che di seguito si richiama:
Anonimo ha detto…
INDIVIDUAZIONE E FORMAZIONE DEI SOCCORRITORI



Questo argomento è già stato trattato nel documento, dal gruppo di lavoro sulla "formazione", a cui si rimanda. Vale solo la pena, in questa sede, sottolineare alcuni aspetti relativi al caso in cui si proceda all'istituzione di un servizio di pronto soccorso interno:



a) il numero dei soccorritori presenti nell'unità produttiva non può essere rigidamente stabilito, ma dovrà comunque essere rapportato al numero di lavoratori contemporaneamente presenti in azienda (ad esempio 1 soccorritore ogni 30 persone in un’azienda che non sia a rischio per incidente rilevante) ed alla tipologia di rischio infortunistico presente nello stabilimento produttivo;

b) in ogni caso dovrà essere previsto un sostituto, con pari competenze, per ognuno dei soccorritori individuati, per rimpiazzare l'eventuale assenza;

c) il sostituto dovrà poter rilevare il collega senza incorrere in situazioni fisicamente gravose (ad esempio dopo aver terminato il turno di notte);

d) il numero dei soccorritori contemporaneamente presenti in azienda sarà almeno pari a due, per "coprire" l'eventualità in cui l'infortunato sia uno dei soccorritori stessi.
Anonimo ha detto…
REQUISITI DEL "PRONTO SOCCORSO"

Nel trattare i vari aspetti che attengono al miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori, il D.Lgs 626/94 riserva un intero articolo (il n. 15) all’adozione, da parte del datore di lavoro, di provvedimenti "in materia di pronto soccorso e di assistenza medica di emergenza" sui luoghi di lavoro.

Il principio informatore che, ad un'attenta lettura della legge, percorre l'intero capitolo destinato a questo argomento, è l’opportunità di modulare la natura ed il grado dell'assistenza medica di emergenza in rapporto alle caratteristiche dell'azienda, in ordine a numero di lavoratori occupati, natura dell'attività, fattori di rischio presenti.

Appare quindi più corretto un orientamento applicativo che non preveda rigidamente l'istituzione, dovunque e comunque, di un servizio di pronto soccorso interno, ma che guardi all'assistenza sanitaria di emergenza come ad una "funzione" che l'azienda deve garantire ai lavoratori, nei modi e nei tempi di volta in volta più idonei, dalla formazione dei lavoratori, all'utilizzo dei presidi sanitari contenuti nella cassetta di pronto soccorso, all'apprendimento di rapidi ed efficaci sistemi di comunicazione con la struttura pubblica, fino all'organizzazione di una struttura interna di soccorso.

In tale direzione pertanto si ritiene debbano essere orientate le decisioni in merito ai punti nodali dell'assistenza medica d'emergenza, quali l'individuazione e la formazione dei soccorritori, le attrezzature di pronto soccorso ed i rapporti con le strutture pubbliche di emergenza.
Anonimo ha detto…
RAPPORTI CON LE STRUTTURE PUBBLICHE DI PRONTO SOCCORSO



Il problema della disponibilità di una unità di soccorso che risponda ad una chiamata in ogni momento del giorno e della notte, è stato largamente risolto con l'istituzione del "118".

Com'è noto, questo numero fa capo a strutture (ospedali) che, per quanto attiene a questa funzione, coprono territori spesso provinciali; pertanto, è quanto mai necessario che la persona che chiama i soccorsi sia in grado di fornire rapidamente ai soccorritori precisi riferimenti per raggiungere il luogo dell'infortunio.

Il lavoratore incaricato di tenere i rapporti con le strutture di soccorso esterne è opportuno che non sia lo stesso che è tenuto a soccorrere l'infortunato, onde non creare vuoti operativi.

E' poi opportuno che uno dei soccorritori si rechi sempre all'ospedale insieme all'infortunato, al fine di fornire informazioni sulla dinamica dell'infortunio o sull'agente nocivo responsabile della lesione o dell'intossicazione (eventualmente producendo, se disponibile, anche la scheda di sicurezza della/e sostanza/e).

Non si ritiene indispensabile che le aziende dispongano di un automezzo proprio per il trasporto degli infortunati, ma semmai, se l'azienda o il posto di lavoro sono ubicati in zona geografica particolare, di un veicolo che consenta di trasportare i soccorritori dal luogo di arrivo dei mezzi di soccorso (ad esempio elicottero, ambulanze) al luogo dell'evento; in caso di estrema necessità tale veicolo potrà anche servire per trasportare l'infortunato. E' ovvio che il mezzo di cui l'azienda eventualmente si dota, sia idoneo alle caratteristiche geografiche del luogo (es. veicoli a trazione integrale per luoghi di montagna).
Anonimo ha detto…
Contenuto della cassetta di pronto soccorso



· guanti monouso in vinile o in lattice

· visiera paraschizzi

· confezione di acqua ossigenata F.U. 10 volumi

· confezione di clorossidante elettrolitico al 5%

· compresse di garza sterile 10x10 in buste singole

· compresse di garza sterile 18x40 in buste singole

· pinzette sterili monouso

· confezione di rete elastica n. 5

· confezione di cotone idrofilo

· confezioni di cerotti pronti all'uso (di varie misure)

· rotoli di benda orlata alta cm 10

· rotolo di cerotto alto cm 2,5

· paio di forbici

· lacci emostatici

· confezione di ghiaccio "pronto uso"

· coperta isotermica monouso

· sacchetti monouso per la raccolta di rifiuti sanitari

· termometro.



Se è vero che questi presidi, peraltro obbligatori per legge, possono costituire la base minimale dello strumentario di pronto soccorso all'interno dell'unità produttiva, è altrettanto vero che occorrerà valutarne l'integrazione con altri maggiormente specifici allorquando la tipologia infortunistica presente in azienda, così come emerge dalla "valutazione dei rischi", ne evidenzi la necessità.

Appare chiaro in questa fase il ruolo primario del medico competente.

I presidi che eventualmente saranno aggiunti a quelli di base in caso di rischi reali di particolare gravità (ad esempio cannula di Guedel, pallone di Ambu, apribocca elicoidale, pompa per aspirazione di secrezioni, barelle "speciali") non potranno che essere utilizzati da personale particolarmente addestrato e sempre presente in azienda.

In definitiva, la gradualizzazione, più sopra discussa, della "funzione" di pronto soccorso in azienda, dovrà realizzarsi in tutti i suoi aspetti: uomini, attrezzature, formazione.

Un cenno particolare merita il caso in cui all'interno di un'azienda o di un reparto (fisicamente separato dagli altri) operi occasionalmente o stabilmente un solo lavoratore, per il quale un infortunio potrebbe portare, se ed in quanto non rilevato immediatamente dai colleghi, a conseguenze di maggiore entità di quelle già prodotte dall'evento in sé (si pensi ad esempio alle emorragie).

In questi casi, il datore di lavoro dovrà adottare sistemi grazie ai quali l'infortunio di un lavoratore possa essere rilevato dai colleghi (ad esempio attraverso un allarme attivato automaticamente dall'evento traumatico o azionato attraverso un congegno indossato dal lavoratore) o, nel caso di lavoratore solo in azienda, dalle strutture esterne di pronto soccorso.

Purtroppo, mentre nel primo caso vi sono già soluzioni sperimentate, per quanto attiene alla possibilità di allarme all'esterno, l'unico mezzo efficace oggi disponibile è il "telesoccorso", gravato però da costi rilevanti e non ancora validato in questo ambito.