Sentenza n. 4035 del 25 agosto 2008 , il DURC

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione, ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n.r.g. 8090/06, proposto da BGF BELLERI s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Andrea Mina e Giovanna Angela Dettori Masala ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via Pierluigi da Palestrina, 19;

contro

- Comune di Palazzolo sull’Oglio, in persona dell’Ing. Pierfrancesco Feriani, Dirigente dell’Area Servizi al Territorio, rappresentato e difeso dall’Avv. Domenico Bezzi, ed elettivamente domiciliato in Roma, via Appia Nuova , 96 presso lo studio dell’Avv. Paolo Rolfo;

- Edilsbancamenti s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituitasi in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia – Sezione di Brescia - n. 635 del 25 maggio 2006;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Palazzolo sull’Oglio;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

N. 4035/08 REG. DEC

N. 8090/2006

REG. RIC.

Visti gli atti tutti della causa;

Designato relatore, alla pubblica udienza del 4 marzo 2008, il consigliere Giuseppe Severini ed udito, altresì, l’avvocato Dettori, come da verbale d’udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO E DIRITTO

1. Si discute se correttamente abbia deciso il Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia (Brescia) con l’impugnata sentenza nel ritenere infondato il ricorso mosso dalla BGF-BELLERI s.r.l. avverso l’atto 13 ottobre 2004 con cui il Comune di Palazzolo le aveva revocato l’aggiudicazione 4 maggio 2004 della gara bandita il 4 febbraio 2004 per la sistemazione dello scarico di “Roggia Vetro”: revoca conseguente al fatto che, in sede di verifica della sua produzione documentale fatta a seguito della comunicazione di esser risultata aggiudicataria della gara, quale attestazione della sua regolarità contributiva si era limitata a produrre copia dei mod. F24 di pagamento dei contributi previdenziali e i bollettini di versamento postale; e che, contrariamente a quanto così dichiarato, a carico del suo rappresentante legale era emerso dalle indagini d’ufficio in verifica che egli aveva pendenze penali per abusi edilizi e per bancarotta fraudolenta;.

2. La BGF Belleri s.r.l. aveva prodotto, quale attestazione di regolarità contributiva, la copia dei modelli F24 e di alcuni bollettini postali di versamento dei contributi.

Quanto alle pendenze penali, in occasione della verifica d’ufficio dei requisiti di ordine generale per le valutazioni circa l’esclusione per difetto dei requisiti di ordine generale ai sensi dell’art. 75 d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, il Comune, a fronte della dichiarazione del legale rappresentante della ricorrente di non avere procedimenti penali pendenti, accertò che, dal certificato dei carichi pendenti rilasciato dalla Procura della Repubblica di Brescia, risultavano pendenti due procedimenti a carico, per abusi edilizi e per bancarotta fraudolenta.

Invano, a seguito di ciò, l’amministrazione aveva chiesto all’interessato la produzione dei decreti di citazione a giudizio e la documentazione di regolarità contributiva. Seguiva all’omissione di tale ultima produzione la revoca dell’aggiudicazione.

3. La sentenza impugnata rilevò sostanzialmente che:

a) Il bando di gara richiedeva alle imprese l’impegno a presentare all’amministrazione comunale, se aggiudicatarie, la certificazione relativa alla regolarità contributiva entro quindici giorni dalla richiesta. Non solo: l’art. 2, comma 1, d.-l. 25 settembre 2002, n. 210 conv. in l. 22 novembre 2002, n. 266 prevede, per contrastare il cd. lavoro sommerso, che l’impresa aggiudicataria è tenuta “a presentare alla stazione appaltante la certificazione relativa alla regolarità contributiva a pena di revoca dell'affidamento”. Perciò la regolarità contributiva della impresa andava certificata con il mezzo del “durc” formato da INPS, INAIL, e Casse edili e questo documento non poteva essere sostituito dall’autocertificazione o dalla presentazione dei soli cd. modelli F24 e dei bollettini di versamento postale utilizzati dall’imprenditore per il pagamento dei contributi previdenziali. La produzione di tali documenti non pone infatti la stazione appaltante in condizione di controllare se davvero siano stati assolti tutti gli oneri contributivi e per tutti i dipendenti.

b) Quanto ai carichi penali pendenti, l’autocertificazione era mendace, perché non indicava le dette pendenze. Vero è che sussiste la facoltà di attestare con autocertificazione l'assenza di pendenze penali, come oggi facoltizza l'art. 77- bis d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 (introdotto dall'art. 15 l. 16 gennaio 2003, n. 3) che prevede l'applicazione delle disposizioni sull'autocertificazione anche alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici; ma in tal caso è onere dei concorrenti rendere una dichiarazione veritiera, enunciando anche gli eventuali reati che non sono iscritti nel casellario giudiziale nonché i reati iscritti nel certificato dei carichi pendenti di cui siano a conoscenza (Cons. Stato, VI, 14 ottobre 2003, n. 6279). Nella specie, il bando prevedeva (lettera D) che a pena di esclusione venisse prodotto “il certificato del casellario giudiziale e dei carichi pendenti” specificando che “ai sensi del d.P.R. n. 445/2000 tale certificato può essere sostituito da una dichiarazione sostitutiva di certificazione”; il modulo predisposto dall’amministrazione conteneva la dizione: “dichiara inoltre che dal proprio certificato generale del casellario giudiziale e dal proprio certificato dei carichi pendenti risulta a suo carico …..” e nella nota esplicativa era specificato “riportare “NULLA” ovvero le risultanze complete di ciascun certificato”. Il legale rappresentante della società aveva scritto nel modulo “nulla”, ma l’amministrazione, in verifica della veridicità, aveva rilevato la pendenza di due procedimenti per abusi edilizi e per bancarotta.

Non era accettabile l’argomento difensivo che trattavasi di pendenze che, riguardo a quanto richiesto dal bando, non incidono sulla affidabilità morale e professionale giacché, a parte il chiaro opposto tenore del bando, è da escludere che una siffatta valutazione di congruità e conseguente selezione possa essere rimessa alla diretta ed autonoma valutazione del dichiarante anziché dell’amministrazione.

c) La cauzione provvisoria bene era stata incamerata dall’amministrazione, in quanto tale conseguenza discendeva, a norma dell’art. 30 l. 11 febbraio 1994, n. 109, dall’omessa sottoscrizione del contratto per fatto dell'aggiudicatario (che non aveva prodotto la documentazione a ciò necessaria nel termine), e in quanto a tal proposito non si distingue tra requisiti di ordine generale e requisiti di ordine speciale.

4. I motivi di appello sono infondati. Infatti, esaminandoli partitamene, risulta quanto segue:

1) Va razionalmente negato che l’acquisizione alla documentazione di gara, dell’atto ufficiale comprovante i requisiti soggettivi del partecipante in ordine alla regolarità contributiva, il cd. “durc” (richiesto in base al bando di gara), possa essere surrogato dall’autocertificazione dell’interessato, ovvero dalla presentazione dei cd. modelli 24 utilizzati dall’imprenditore medesimo per il pagamento dei contributi previdenziali.

Vale a tal proposito rammentare che il “durc” o documento unico di regolarità contributiva è il certificato unitario – regolato dall'art. 3, comma 8, lett. b.bis) d. lgs. 14 agosto 1996, n. 494, come mod. dall’art. 98, comma 10, d. lgs. 10 settembre 2003, n. 276 - finalizzato alla affidabile verifica dei requisiti di partecipazione e aggiudicazione in gare pubbliche perché rilasciato dagli enti previdenziali all’imprenditore e da questo consegnato al committente che glielo deve richiedere. La sua funzione è di attestare la regolarità negli adempimenti circa i contributi previdenziali, assistenziali ed assicurativi rispetto a INPS, INAIL e Cassa Edile riguardo a tutti gli appalti pubblici e agli appalti privati in edilizia soggetti a titolo edilizio espresso. Mediante l’uso obbligatorio di un tale documento si contrasta l’evasione contributiva previdenziale perché si pone a base della possibilità di contrarre un appalto pubblico la dimostrazione ufficiale della regolarità contributiva.

Avuto riguardo alla sua utilità, si tratta di uno strumento al tempo stesso di certificazione ufficiale e di semplificazione procedimentale, la cui valenza è duplice, perché orientata a soddisfare un interesse strumentale pubblico come un interesse privato. Da un lato infatti il “durc” consente, grazie alla sua obbligatorietà, di assicurare che gli appalti pubblici siano affidati soltanto ad imprese che risultino in regola quanto a contribuzione previdenziale, e dunque garantisce un miglior contrasto dell’evasione in quel settore, rispondendo al principio generale di buona amministrazione; da un altro lato permette, in virtù della sua unitarietà (realizzata sulla base di doverose convenzioni tra i soggetti previdenziali), l’agevolazione delle esigenze di speditezza documentativa vuoi dell’appaltatore che, per riflesso, dell’appaltante, riducendone le incombenze.

Anche a prescindere dalla sua obbligatorietà (nella specie contrassegnata dalla lex specialis della gara), non si vede dunque a quale plausibile interesse dell’imprenditore possa corrispondere la sua mancata utilizzazione. Una tale doverosa ed ufficiale certificazione non può essere definitivamente sostituita dalla dichiarazione sostitutiva (ai sensi, più che dell’invocato art. 2 d.P.R. 20 ottobre 1998, n. 403, abrogato e sostituito dagli artt. 19 e 47 d.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445, dall’art. 46, comma 1, lett. p) di quest’ultimo, concernente le dichiarazioni sostitutive di certificazioni riguardo all’assolvimento di specifici obblighi contributivi con l'indicazione dell'ammontare corrisposto).

Il durc, invero, non può essere sostituito, nella sua funzione probante, dalla cd. autocertificazione. Sussiste infatti tra le generale previsioni in tema di cd. autocertificazione – che per ragioni di semplificazione procedimentale consente di dimostrare, salvo verifica, adempimenti con dichiarazioni dell'interessato prodotte in sostituzione delle normali certificazioni – e la previsione per gli appalti pubblici sopra ricordata circa il durc, un rapporto di specialità, in forza del quale prevale, in materia di appalti, la predetta disposizione dell'art. 3, comma 8, lett. b.bis) d. lgs. n. 494 del 1996.

In entrambe le situazioni, infatti, ci si trova innanzi ad un mezzo di semplificazione procedimentale. A favore del durc, nondimeno, e della sua prevalenza sussiste anche il valore ulteriore della certificazione ufficiale delle regolarità contributiva, che corrisponde ad un evidente quanto dominante interesse pubblico al contrasto del preoccupante fenomeno della evasione previdenziale, di particolare significato nel settore degli appalti pubblici. Ne consegue che ciò che forma materia tipica del durc non può, quando un tale documento è richiesto, essere surrogato dalla dichiarazione sostitutiva dell’interessato.

Scendendo al caso di specie, viene da dette considerazioni che la richiesta produzione del durc non era surrogabile né con l’autocertificazione dell’interessato, né con la mera produzione dei mod. F24 e dei bollettini postali, anche per la corretta considerazione, svolta dalla prima sentenza, che si tratta di documenti insufficienti a verificare l’integrale adempimento degli obblighi previdenziali per tutti i lavoratori.

A parte dunque ogni pur utile considerazione circa la sopravvenienza del ricordato art. 98, comma 10, d. lgs. 10 settembre 2003, n. 276 rispetto alla introduzione del ricordato art. 77-bis d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 ad opera della l. 16 gennaio 2003, n. 15, è soprattutto il detto rapporto di specialità a rendere insurrogabile il durc ogniqualvolta sia espressamente richiesto. L’”autocertificazione” (cioè la dichiarazione sostitutiva di certificazioni, come meglio si esprime l’art. 46 d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445) è solo un mezzo di speditezza ed alleggerimento provvisori dell’attività istruttoria, cioè di semplificazione delle formalità del rapporto, e non un mezzo di prova legale: sicché il suo contenuto resta sempre necessariamente esposto alla prova contraria e alla verifica ad opera della destinataria amministrazione, che è doverosa prima di procedere, all’esito della aggiudicazione, alla formalizzazione contrattuale dell’affidamento. La modesta aliquota di sorteggiati da verificare (di cui all’art. 10, comma 1-quater, l. 11 febbraio 1994, n. 109, avuto o meno riguardo – come domanda l’appellante - ai requisiti d'ordine generale dell’art. 17 ovvero ai requisiti di ordine speciale dell'art. 18 d.P.R. 225 gennaio 2000, n. 34) indica solo il dovere dell’Amministrazione di procedere al vaglio su un campione minimo causale, ma non una limitazione sostanziale al potere di vaglio stesso. Sicché correttamente ha agito l’amministrazione, perché la dimostrazione della posizione contributiva dell’impresa fatta da dal durc non è surrogabile ad opera dell’imprenditore, per l’evidente ragione che siffatto documento proviene dai soggetti creditori, e non dal soggetto debitore, dei contributi e degli altri adempimenti previdenziali, assistenziali ed assicurativi.

2) Quanto alla mendacia circa i carichi penali pendenti, essa è stata rilevata nel fatto che nell’autocertificazione il legale rappresentante dell’impresa aveva attestato di non avere pendenze penali, mentre poi è risultato che in realtà ne aveva per abusi edilizi e per bancarotta fraudolenta. Vero è che l’art. 75 dell’allora vigente d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554 non estende a qualsivoglia pendenza penale l’incapacitazione all’appalto pubblico, perché stabilisce l’esclusione dalle procedure di affidamento degli appalti e delle concessioni in relazione a reati specifici o “che incidono sull'affidabilità morale e professionale” (ai fini della esclusione dalla gara, ai sensi dell’art. 75 d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554). Ma quali siano tali reati è valutazione di congruità che compete all’amministrazione e certo non all’interessato medesimo, il quale possa così a sua discrezione escludere alla radice una tale occasione di inabilitazione. È pertanto onere dell’interessato, qualora gli sia richiesto – come si è visto faceva il bando – di certificare tutte le pendenze e le condanne penali, e spettanza dell’amministrazione poi selezionare razionalmente in ragione della detta congruenza. Correttamente, comunque, viene rilevato che se la facoltà di attestare con autocertificazione l'assenza di pendenze penali è oggi permessa dall'art. 77-bis d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 (introdotto dall'art. 15 l. 16 gennaio 2003, n. 3), che estende l'applicazione delle disposizioni sull'autocertificazione anche alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici (cosa che lo stesso bando consentiva), rimane comunque onere dei dichiaranti rendere una dichiarazione veritiera e completa, enunciando anche gli eventuali reati che non sono iscritti nel casellario giudiziale nonché i reati iscritti nel certificato dei carichi pendenti di cui siano a conoscenza, per modo che possa poi l’amministrazione svolgere il giudizio di congruità che le è riservato.

3) l’escussione della cauzione ha titolo, come bene ha rilevato la sentenza di primo grado, nell’omessa sottoscrizione del contratto. Per l’art. 30 l. 11 febbraio 1994, n. 109, la mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell'aggiudicatario, che qui non ha prodotto la documentazione necessaria nel termine, era titolo sufficiente per l’incameramento. La fattispecie che qui si è verificata è invero dovuta alla detta causa imputabile alla stessa escussa e tanto basta a decretarne la conformità alla legge. A nulla rileva il riferimento – fatto con il terzo motivo dell’appello - con l’aliquota di sorteggio obbligatorio tra i concorrenti ai fini della verifica della presenza dei requisiti di ordine generale, ovvero speciale che sia.

Non sussistono pertanto sotto nessuno dei tre aspetti suddetti – corrispondenti ai motivi di appello e riflettenti quelli di originaria impugnazione - i lamentati vizi di eccesso di potere per travisamento fatti, difetto di istruttoria e omessa motivazione, inesistenza del presupposti. Né i lamentati contrasti con gli artt. 10 l. n. 109 del 1994, 17 e 18 d.P.R. n. 34 del 2000, 75 d.P.R. n. 554 del 1999, né un eccesso di potere per travisamento dei fatti e omessa motivazione.

L’appello va pertanto respinto e la sentenza di primo grado va confermata.

Alla soccombenza segue, a norma dell’art. 91 Cod. proc. civ., la condanna dell’appellante BGF-BELLERI s.r.l. alla rifusione delle spese processuali dell’appellato Comune di Palazzolo, da liquidarsi in € 5.000 (cinquemila).

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge l’appello e conferma la sentenza impugnata.

Condanna l’appellante BGF-BELLERI s.r.l. alla rifusione delle spese processuali dell’appellato Comune di Palazzolo, che liquida in € 5.000 (cinquemila).

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), nella camera di consiglio del 4 marzo 2008, con l'intervento dei Signori:

Pres. Emidio Frascione

Cons. Giuseppe Severini, estensore

Cons. Cesare Lamberti

Cons. Caro Lucrezio Monticelli

Cons. Aniello Cerreto

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

f.to Giuseppe Severini f.to Emidio Frascione

IL SEGRETARIO

f.to Antonietta Fancello

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 25-08-08

(Art. 55. L. 27/4/1982, n. 186)

IL DIRIGENTE

F.to Antonio Natale


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