La prevenzione dei rischi sul lavoro

La prevenzione dei rischi sul lavoro
La prevenzione dei rischi sul lavoro passa anche per il confronto tra le esperienze dei diversi Stati europei”. Lo ha detto il presidente dell’Inail, Massimo De Felice, aprendo venerdì mattina a Roma, presso il Parlamentino dell’Istituto di via IV Novembre, la giornata di studio patrocinata dall’Issa (Associazione internazionale di sicurezza sociale) sulle politiche di prevenzione attuate in Danimarca, Germania, Regno Unito e Italia.

Storie, soluzioni ed esperienze per un processo di studio condiviso. Dopo aver affrontato un anno fa il problema degli infortuni e delle malattie professionali in relazione all’attività di ricerca, riabilitazione e reinserimento, il seminario di quest’anno ha dato il via a un processo di studio pratico sulle politiche di prevenzione, attraverso la presentazione di storie, soluzioni, esperienze e progetti in fieri nei quattro Paesi al centro della discussione. L’approfondimento, in particolare, ha seguito due itinerari sviluppati in altrettanti tavoli di confronto: il primo incentrato su strumenti, metodi e tecniche – dall’analisi dei dati alla ricerca, dalla formazione agli incentivi e alla vigilanza – e il secondo sugli assetti istituzionali, che ha preso in considerazione le varie normative di riferimento e il ruolo di lavoratori e datori di lavoro nelle politiche attive di prevenzione.

De Felice: “Fondamentale il potenziamento dei database”. “Non sono temi nuovi – ha precisato a questo proposito De Felice – ma è utile, oltre a identificarli, definire operativamente le modalità di azione, studiarne le interrelazioni e comprenderne le modalità di coordinamento funzionale e temporale, per dare una fisionomia concreta alle politiche di intervento, decidendo quali azioni intraprendere, in quale successione, con quali mezzi, come dosare le risorse e con quali dati e tecniche valutarne i risultati”. Per il presidente dell’Inail “il punto focale riguarda il potenziamento dei database. L’analisi dei dati, infatti, è una precondizione per l’approntamento dei programmi di prevenzione, per individuare le aree di rischio, per definire le priorità nella scelta delle azioni, per valutarne l’effetto e introdurre correttivi. L’esperienza del nostro Istituto, documentata nei suoi quaderni di ricerca, potrebbe essere utile per avviare un confronto a livello europeo”.

“La confrontabilità dei risultati questione rilevante”. In questo confronto, secondo De Felice, assume un’importanza rilevante “il problema delle metodologie di analisi dei dati su infortuni e malattie, della loro condivisione e coordinamento, per la pubblicazione di risultati confrontabili”. Nel caso delle tecnopatie il problema è ancora più delicato perché “in linea di principio non è sempre possibile dare un criterio oggettivo per qualificare una malattia come di professionale”. Il “nesso causale”, che deve essere individuato per far dipendere la patologia da una causa dovuta all’attività lavorativa svolta, in generale non è infatti “accertabile con certezza, per il possibile concorso di più cause anche extra lavorative e per il peso, difficile da quantificare, delle correlazioni”.

“La vigilanza può contribuire a migliorare le politiche aziendali”. “La disponibilità di banche dati, procedure statistiche, in particolare di business intelligence, e protocolli per il risk management – ha aggiunto il presidente dell’Inail – sono strumenti da potenziare anche per rendere efficace l’attività di vigilanza. È riconosciuto che la vigilanza non possa più essere solo uno strumento sanzionatorio, ma debba essere rilevante nel processo complessivo di controllo e valutazione della rischiosità e di aiuto alle imprese, per fornire conoscenza sui cosiddetti ‘risk driver’ caratteristici dei macchinari e dei processi di lavoro”. Per De Felice, inoltre, “come per la vigilanza su banche, assicurazioni e imprese quotate, anche nella tutela della sicurezza dei processi di lavoro, la qualità dei controllati dipende dalla qualità dei controlli e dei controllori. Ispettori altamente qualificati, processi ben articolati e standardizzati possono essere strumenti efficaci per migliorare le politiche aziendali”.

“Non è facile costruire meccanismi incentivanti”. Un altro strumento al servizio della prevenzione è quello degli incentivi per le imprese che investono in sicurezza. A questo proposito, De Felice ha sottolineato che “non è facile costruire meccanismi automatici incentivanti, perché si possono creare effetti di ritorno perversi”, come dimostra “il meccanismo di bonus-malus che regola molti criteri di definizione del premio di assicurazione e può indurre a non denunciare o a ‘mascherare’ l’infortunio”. Per il presidente dell’Inail, “diversa è la tecnica del finanziamento di progetti specifici, finalizzati a rendere più sicuri macchinari, prassi e processi di lavoro”, come quella adottata dall’Istituto attraverso i bandi Isi, perché “è un’azione che può avere effetti non solo sulla sicurezza, ma anche sul miglioramento dell’efficienza produttiva e, più in generale, sulla crescita economica e culturale delle aziende”.

Rampi: “Momento di scambio da istituire in via permanente”. Dopo l’intervento di De Felice, a esporre una sintetica comparazione tra i sistemi di prevenzione contro i rischi professionali di Danimarca, Germania, Regno Unito e Italia è stato il presidente del Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inail, Francesco Rampi. “Il confronto che abbiamo realizzato, data la complessità e la vastità della materia, ha dovuto procedere per necessarie semplificazioni che, tuttavia, hanno evidenziato molte e interessanti opportunità d’analisi – ha affermato Rampi – Da tale punto di vista, pertanto, non posso che auspicare che questa occasione di scambio sia istituita in via permanente”. Per quanto riguarda la metodologia applicata, la comparazione ha proceduto lungo i due “binari” della ricerca documentale e dell’incontro con le istituzioni dei differenti Paesi, da una parte, e dell’interpretazione delle strategie nei vari contesti socio-economici, dall’altra, per individuare eventuali convergenze e difformità.

"Nella comparazione evidenziati un grosso nucleo di omogeneità e diverse differenze di fondo". “In termini di prevenzione degli infortuni, la comparazione con Paesi quali Regno Unito, Germania e Danimarca, che hanno sistemi politici e organizzativi così diversi dal nostro, evidenza un grosso nucleo di omogeneità, ma anche alcune differenze di fondo – ha valutato Rampi – In merito al principio generale alla base dei diversi sistemi di sicurezza sul lavoro, questo è sostanzialmente uguale per tutti i sistemi considerati: ovvero, il datore di lavoro deve adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica, la personalità e il benessere psicologico dei lavoratori”. Se questa essenziale “matrice” è di valore comune, sono naturalmente più differenziate – a volte anche in modo significativo – le varie modalità messe in atto a livello di singolo Stato.

L’analisi dei diversi corpus normativi. Particolarmente utile è stato, così, il confronto sull’assetto generale in relazione al quale è declinato il principio della prevenzione. In Danimarca, per esempio, quest’ambito trova sostanza in un corpo normativo molto dettagliato composto da 27 linee guida, che fanno riferimento a parole chiave quali “finanziamento”, “informazione”, “assistenza” e “formazione” e sul focus mirato dell’innovazione dell’organizzazione del lavoro. Anche il Regno Unito ha un corpo significativo di linee guida, nel quale tuttavia spicca – come parola chiave aggiuntiva – la “ricerca”, intesa in particolare come attività “ex post”, stimolata a seguito di infortuni e tragedie alle quali si propone di proporre soluzioni. Se in Germania la prevenzione è materia disciplinata da normative secondarie – anche emanate da istituti assicurativi – e la ricerca è intesa come studio a tutto campo, sia sull’organizzazione del lavoro che sull’innovazione delle tecnologie utilizzate, in Italia vige, invece, il Testo unico sulla sicurezza (dlgs 81/2008), cui si accompagna un ventaglio di altri fattori di rilievo: dagli incentivi di carattere economico, alla ricerca orientata alla prevenzione, alla premialità di carattere assicurativo.

I soggetti titolari in materia di salute e sicurezza. Preziosi sono stati anche gli esisti della comparazione relativa alla titolarità in materia di salute e sicurezza sul lavoro: esclusivamente dello Stato centrale in Danimarca; dello Stato centrale con un regime specifico per l’Irlanda del Nord nel Regno Unito: dello Stato centrale e delle Regioni e Province autonome in Italia; dello Stato federale, dei Länder e degli Istituti assicuratori in Germania. Anche i sistemi assicurativi variano, così, da Paese a Paese: mentre in Germania e Italia vige un monopolio pubblico, in Danimarca viene stipulata una polizza con le compagnie private sulla base di “contratto tipo” fissato per legge e il Regno Unito è caratterizzato da un sistema misto che contempera, insieme, un livello minimo garantito dalla fiscalità generale e una polizza stipulata con compagnie private in relazione a un contratto tipo fissato dalla legge.

Le diversità degli assetti sanzionatori. Sempre in questa prospettiva di macro-analisi, differenze più marcate interessano i diversi sistemi sanzionatori. In Danimarca l’Agenzia per l’ambiente di lavoro (Dwea) commina sanzioni che vanno dal semplice invito a risolvere il problema fino alla chiusura dell’attività per i recidivi o gli inadempienti, così come nel Regno Unito il Comitato esecutivo per la Salute e la sicurezza sul lavoro (Hse) assegna sanzioni che, nei casi di recidività o inadempienza, possono portare alla chiusura dell’attività. In Germania, invece, gli ispettori svolgono un’attività di consulenza che, se non attuata, dà luogo a sanzioni pecuniarie e nei casi più rilevanti all’arresto, mentre in Italia vige un sistema articolato basato su tre direttrici: il Servizio ispettivo e il Servizio sanitario che svolgono funzioni di ufficiale giudiziario e comminano sanzioni; l’Inail Ricerca che rilascia, o nega, omologazioni per attrezzature e impianti; i Vigili del fuoco e il ministero dello Sviluppo che rilasciano o negano autorizzazioni di esercizio.

“Agire sulla prevenzione come buona organizzazione del lavoro”. “Le similitudini, ma anche i differenti approcci, evidenziati nel corso di questo seminario e in occasione del suo studio preliminare ci fanno comprendere che per raggiungere un contenimento realmente quanti-qualitativo degli infortuni è necessario agire sulla prevenzione intesa, in primis, come buona organizzazione del lavoro – ha osservato Rampi a margine del proprio intervento – Tutto questo, per quanto riguarda l’azione dell’Inail, si tradurrà nella promozione di grandi investimenti nella ricerca ai fini dello svolgimento di una forte azione di consulenza nei confronti delle imprese in materia di riadattamenti, modifiche e riorganizzazione dei processi produttivi orientati alla questione della salute e sicurezza”. Stesso sforzo interessa anche il fronte delle malattie professionali, per le quali “l’intervento ‘contenitore’ è sempre la ricerca – ha precisato il presidente del Civ – sia sull’organizzazione del lavoro, sia su materiali e materie prime utilizzate”.

fonte inail

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