illuminazione degli ambienti

illuminazione
Le varie grandezze fotometriche utili per attuare consapevolmente idonee strategie di illuminazione e di valutazione dell’illuminazione degli ambienti.
- flusso luminoso: “potenza luminosa emessa da una sorgente.        Quantità di luce emessa da una sorgente nell’unità di tempo. Unità di misura lumen (lm);
- efficienza luminosa: esprime il rendimento di una lampada o di un apparecchio illuminante”. È il rapporto tra flusso luminoso emesso (Lumen) e potenza elettrica assorbita (watt);
- intensità luminosa: “esprime il flusso luminoso di una sorgente in una specifica direzione
Unità di misura candele (CD) (=lumen/steradiante)”.
Inoltre bisogna ricordare che “l’illuminamento E è dato dal rapporto tra il flusso luminoso irradiato e la superficie illuminata. Esprime quanto agevolmente l’occhio può vedere. Unità di misura : Lux [lx]. Mentre la luminanza “esprime la quantità di luce che una superficie illuminata riflette verso l’occhio dell’osservatore (che sta guardando in quella direzione).
Unità di misura : candele/m2”.

L’ illuminazione  di un ambiente di lavoro deve garantire: buona visibilità, confort visivo e sicurezza.
E “deve fornire condizioni ottimali per lo svolgimento del compito visivo richiesto, anche quando si distoglie lo sguardo dal compito o per riposo o per variazione del compito”.

La luce naturale.
Nell' illuminazione degli ambienti “l'impiego della luce diurna è importante sia per la qualità della visione e le caratteristiche di  gradevolezza ed accettazione da parte degli occupanti, che per ragioni connesse al risparmio energetico. Il contributo della luce naturale nell'illuminazione degli interni va inoltre privilegiato in quanto la presenza nell'involucro di un edificio di aperture verso l'esterno permette di cogliere le modulazioni del ciclo della luce a cui sono legate importanti funzioni fisiologiche e di mantenere un legame visivo col mondo circostante che è un bisogno psicologico elementare dell’uomo”.
Tuttavia la luce diurna naturale è caratterizzata anche da “variazioni nel tempo di quantità, composizione spettrale e direzione” ed il suo ingresso negli “ambienti confinati” dipende da diversi fattori (località, orientamento dell’edificio, orientamento e caratteristiche delle chiusure trasparenti, presenza nell’intorno di edifici od altri elementi del paesaggio, ...).
E la luce naturale può dare abbagliamento a seconda della:
- “luminanza della porzione di cielo inquadrata dalla superficie vetrata;
- posizione e dimensione della superficie vetrata;
- contrasto di luminanza tra le superfici interne;
- presenza di superfici riflettenti esterne o interne”.
C’è la possibilità di valutare il disturbo causato da superfici luminose estese quali le finestre. Ad esempio è utilizzato l’indice DGI (Daylight Glare Index) “che può essere calcolato con le modalità indicate nell’Appendice B della UNI 10840:2000”.

L’illuminazione artificiale.
L’ illuminazione artificiale, ricorda l’intervento, è quella “prodotta dall’insieme dei corpi  illuminanti intenzionalmente introdotti per lo svolgimento dei compiti visivi richiesti in quel determinato luogo e per compensare la carenza o l’assenza di illuminazione naturale”.
Queste sono alcune caratteristiche dell’ambiente di cui tener conto: distribuzione delle luminanze, illuminamento, abbagliamento, aspetti del colore, calore apparente della luce.

Si ricorda che la distribuzione delle luminanze all’interno del campo visivo “influenza il grado di impegno degli organi oculari e conseguentemente la visibilità ed il confort. Per evitare l’ affaticamento visivo dovuto a ripetuti e continui processi di adattamento, va realizzata una distribuzione equilibrata delle luminanze, evitando variazioni e discontinuità accentuate tra le diverse aree del campo visivo e tenendo conto dell’importanza che hanno le superfici riflettenti presenti nell’ambiente”. In particolare la Norma UNI EN 12464-1:2004 consiglia, per le principali superfici di un ambiente, idonei intervalli per i fattori di riflessione.
Si definisce poi illuminamento medio mantenuto (Ēm) “quel valore di illuminamento al di sotto del quale l’illuminamento medio su una  specifica superficie non può mai scendere”.

I valori di illuminamento tra l’area oggetto del compito visivo e quelli della “zona immediatamente circostante (intesa come fascia di almeno 0,5 m di larghezza intorno alla zona del compito all’interno del campo visivo) non devono discostarsi eccessivamente per evitare l’insorgere di affaticamento visivo e disturbi da abbagliamento”.
E una buona progettazione “deve prevedere sia all’interno della zona del compito che in quella immediatamente circostante, una buona uniformità di illuminamento”.

Valutazione dell’abbagliamento molesto direttamente prodotto da apparecchi di lluminazione artificiale (si utilizza l’indice unificato di abbagliamento UGR, Unified Glare Rating), ricordando che i valori limite dell’UGR “sono previsti dalla UNI 12464-1:2004 per ogni specifico tipo di interno, compito o attività visiva” (per impianti di illuminazione non recenti e dotati di corpi illuminanti sprovvisti di UGR, si può far riferimento alla Norma UNI 10380:1994).
Ogni tipo di lampada “emette luce di diversa tonalità a seconda della distribuzione spettrale della radiazione emessa ed è contraddistinta da una propria temperatura di colore.
Questo parametro, espresso in Kelvin (K), è usato per individuare e classificare il colore apparente della luce emessa da una sorgente luminosa”: colore apparentemente caldo (< 3300 K), colore apparente neutro da 3300 K a 5300 K e colore apparente freddo (> 5300 K).

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